Difficoltà nel reperire materie prime e aumento dei relativi costi. Rincari su energia, petrolio e trasporti. Carenza di autotrasportatori, container e pallet. Gli operatori, e l’intera economia, non avranno vita facile.

Di Irene Galimberti

“L’industria non potrà reggere a lungo”. Renato Ancorotti, presidente di Cosmetica Italia, fresco di investitura a Cavaliere del Lavoro, ha espresso – durante la presentazione della 41esima Indagine Congiunturale – le preoccupazioni del comparto in merito all’attuale crisi. Che parte dalle difficoltà nel reperire le materie prime, passa attraverso i rincari generalizzati e le problematiche legate alla logistica, per arrivare alla complessità di riversare gli aumenti lungo la filiera, fino al consumatore finale. Tutto ciò rappresenta “un ostacolo alla ripartenza, che potrebbe causare risvolti pesanti se la situazione non dovesse ristabilirsi entro il primo quarter 2022, come si prevede e auspica”. Come ha spiegato anche Gian Andrea Positano del Centro Studi di Cosmetica Italia, infatti, sono i produttori a farsi carico dei rincari. Mentre è estremamente difficile riversare gli aumenti sui clienti o ridistribuirli lungo la filiera.

Timori manifestati anche da Renzo Sartori, vicepresidente di Assologistica, in un’intervista rilasciata al Sussidiario: “Il settore logistico potrà resistere qualche mese, non di più”. I costi delle materie prime sono schizzati alle stelle. Un pallet, che prima costava 8 euro, oggi ne costa 20. Il petrolio è arrivato a 80 euro al barile. E in parallelo, il settore della logistica soffre per la mancanza di autotrasportatori, se ne contano 17mila in meno, ma potrebbero arrivare a 30mila in breve tempo. Sono aumentati i costi operativi su gomma e via mare. Una tratta che un tempo costava 400 euro oggi è raddoppiata. Per non parlare dei container… Le previsioni di Sartori sono buie: “Di questo passo, la logistica potrà resistere qualche mese, non di più”.

Altro tema caldo è quello dei pallet: “I punti di destino sono obbligati a restituirli, perché in caso contrario noi siamo costretti a comprane altri, oppure a pagarli se li trattengono”, spiega in un’intervista a Ilsussidiario.net Ugo Lemorini, Ad di Fm Logistic. “La grande distribuzione spesso disattende a questo obbligo, ma ogni bancale, che fatturiamo a 25 euro a consegna, ci costa 12 euro e ogni giorno noi muoviamo circa 10mila pallet. Però se intentiamo una causa per ottenere quanto ci spetta, bisogna poi aspettare almeno cinque anni per la sentenza. Nel frattempo, però, dobbiamo acquistare nuovi bancali…”.

Di questo passo, gli aumenti inizieranno a interessare presto anche i beni di largo consumo, nonostante la Bce insista sul carattere transitorio dei rincari. Anche le multinazionali confermerebbero il timore generale. Già lo scorso anno Procter&Gamble aveva aumentato i prezzi dei pannolini Pampers, ora annuncia che toccherà presto ai prodotti per l’igiene orale e la cura della pelle. Unilever prevede che la situazione proseguirà anche nel 2022, costringendo a revisioni di pricing. Anche se in Europa il rischio appare più ridotto rispetto agli Usa, l’aumento dei costi delle materie prime, combinato a quello dell’elettricità e all’impatto delle politiche climatiche hanno fatto registrare, in settembre, un’impennata dei costi di produzione (ad esempio, +14,2% in Germania).

L’aumento costante della domanda, ma anche dei costi di produzione, la carenza di offerta e i numerosi disservizi, rischiano di paralizzare l’intero sistema se non si farà fronte a tutte queste problematiche. L’economia e i consumatori subiranno inevitabilmente le conseguenze.

In questo mare burrascoso, l’industria cosmetica sta però dimostrando di saper domare le onde. “Le aziende cosmetiche stanno cavalcando la cosiddetta ‘nuova normalità’ post Covid, con dinamiche industriali positive, che mostrano la resilienza e la dinamicità del settore”, ha dichiarato Renato Ancorotti. Il comparto chiuderà l’anno a circa 11,7 miliardi di euro, secondo le stime. Per una crescita interna del +8,1%, e una forte ripresa delle esportazioni (+14%, soffre solo il Regno Unito, causa Brexit). Le imprese del settore non si perdono d’animo: circa un operatore su due prevede un ritorno alla normalità nel 2022; mentre un operatore su tre si sta adattando al nuovo equilibrio già nel corso del 2021.